Genetica e cattiva educazione

Cosa diavolo avranno mai da spartire genetica e mancanza di buone maniere.

Tanto per incominciare non è mai stata considerata buona educazione dare del bastardo a qualcuno e, poiché la bastardaggine è figlia, ignota ma inevitabile, di una problematica paternità, un primo nesso fra le due cose è evidente.

 

I giorni scorsi la camera dei deputati ha approvato, con l’unanimità dei votanti, 361 a 0, una mozione che impegna il governo ad invocare la clausola di salvaguardia contro la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale, con particolare riguardo al mais Monsanto Mon810.

Nel testo approvato si fa esplicito ferimento a: “recenti studi di Gilles-Eric Seralini, ricercatore dell’Istituto di biologia fondamentale e applicata presso l’Università degli Studi di Caen (Francia) ), condensati nel libro Tous co-bayes, conducono verso la «prova» della tossicità – tuttora molto dibattuta – degli organismi geneticamente modificati e degli erbicidi ad essi collegati”.
Studi – in realtà un unico studio «Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize» – che sono stati ampiamente screditati dalla comunità scientifica internazionale per l’inadeguatezza dell’impianto sperimentale e censurati dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.

Si fa poi esplicito riferimento all’unica coltura OGM oggi presente in campo libero in Italia dato che “a Vivaro (Pordenone) seimila metri quadrati sono stati seminati con mais biotech, Mon810”.
Varietà di mais che non ha nulla a che fare con quelle studiate da Seralini, visto che la stessa mozione parlamentare correttamente aggiunge: “il quale produce la proteina insetticida cryA per l’inclusione del gene del batterio bacillus thuringiensis“.
Le varietà di mais studiate da Seralini sono invece state ingegnerizzate per resistere ad un erbicida chiamato Roundup e dobbiamo tener presente che il Bacillus thuringiensis è l’insetticida di elezione dell’agricoltura biologica, proprio per l’efficacia insetticida della sua tossina, ritenuta assolutamente sicura per un successivo consumo umano.

Soprattutto, i nostri deputati sostengono che: “la stragrande maggioranza dei cittadini europei vuole mantenere integre, ossia non inquinate da organismi geneticamente modificati, le produzioni agricole di qualità che rappresentano il vero valore aggiunto sul mercato alimentare globale“.
Da questo punto di vista, quello dell’opinione pubblica, forse non hanno del tutto torto, ma gli italici deputati si dimenticano che i nostri prodotti alimentari d’eccellenza, quelli che fanno mercato ed hanno fama internazionale: Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Prosciutto di Parma sono già da molti anni ottenuti da animali allevati con mangimi per la maggior parte importati e geneticamente modificati, perché la produzione nazionale di mais e soia tradizionali basterebbe a soddisfare solo per una modesta frazione le esigenze produttive.

Dal punto di vista politico quella dei nostri deputati non è un’azione insensata: gratificano le paure e l’ignoranza del pubblico e fanno finta di far qualcosa di utile.

Chi si interessa di scienza può inorridire, ma come “politica per la politica” hanno probabilmente ragione loro.

 

Non posso pretendere che la casalinga di Voghera, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto o l’insegnante di matematica di Pescara abbiano idea di quali siano i problemi della nostra agricoltura e forse nemmeno che abbiano una minima infarinatura di genetica: pare, infatti, che buona parte della popolazione italiana sia convinta che i geni si trovino solo nei prodotti dell’ingegneria genetica e non in qualsiasi essere vivente.

Personalmente ritengo che questa ignoranza sia frutto di una cattiva educazione, cioè che gli ignoranti non siano stati condotti, guidati, all’acquisizione di concetti scientifici basilari, che dovrebbero essere, anche in maniera molto semplificata, patrimonio culturale di chiunque debba vivere e sopravvivere nel mondo moderno.
È anche possibile che gli ignoranti, da piccoli, si siano spaventati per il modesto sforzo intellettuale necessario ad imparare un minimo del metodo scientifico e dei suoi risultatati e che si siano arresi troppo presto.

Devo però considerare che ci sono nozioni e concetti che richiedono uno sforzo emotivo, e non solo intellettuale, per essere acquisiti.
Per alcuni questo sforzo emotivo può essere eccessivo da sopportare e, se per la parte intellettuale possiamo esortali a impegnarsi di più, per la parte emotiva vale la vecchia considerazione di Don Abbondio che se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare.

 

Sino a pochissimi anni fa la scienza tendeva ad escludere che Homo sapiens si fosse mai ibridato con Homo neanderthalensis, poi, nel giro di pochi mesi le cose si sono ribaltate.
Recenti ed accurati studi genetici indicano che i sapiens in uscita dall’Africa si sono ibridati prima con i neanderthal, probabilmente durante il passaggio in medio oriente, e successivamente con Homo denisova nell’Asia centrale, per poi ridistribuirsi sul resto del pianeta.
Solo in Africa questa contaminazione genetica non sarebbe avvenuta, anche se si ipotizza che ibridazioni possano essere avvenute con altre specie preesistenti del genere Homo, ma ad oggi non ve n’è alcuna evidenza scientifica.

Questa situazione genetica è talmente assodata, che il direttore di Le Scienze, Marco Cattaneo, nell’articolo di fondo del numero 539 di luglio 2013, può rivendicare con orgoglio il suo 1,2% di geni neanderthaliani e il suo 1,6% di geni denisoviani.

www.lescienze.it/edicola/2013/07/02/news/il_neanderthal_che_in_me-1719478/

Percentuali che, per noi europei, dovrebbero essere più o meno analoghe alle mie, alle tue che mi leggi e a quelle di Roberto Calderoli, attuale vicepresidente del Senato, che con successive e varie sfumature ha dato dell’orango a Cécile Kyenge, ministro dell’integrazione nel governo Letta.

A parte la scarsa conoscenza della zoologia: l’orango (Pongo pygmaeus) alligna nel Borneo, il ministro è nata in Congo e, becera offesa per becera offesa, sarebbe stato più adeguato un paragone con un gorilla (Gorilla gorilla) o uno scimpanzé (Pan troglodytes), permettetemi di considerare il raffronto fortemente rappresentativo della cattiva educazione cui faccio riferimento nel titolo.

 

Cattiva educazione in entrambe le accezioni usate in questo articolo, perché pensate a quale sforzo emotivo dovrebbe sottoporsi, quale prova di coraggio intellettuale dovrebbe dare, il vicepresidente del Senato per convincersi che Cécile Kyenge – in quanto africana – è più Homo sapiens di lui e di Michelle Pfeiffer.


 

Come al solito i commenti saranno visibili dopo la moderazione e come al solito non tollererò insulti a chicchessia (me compreso): scrivete quello che volete ma argomentando con buona educazione.

 

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Archaeopteryx lithographica

Quell’uccello bavarese

era proprio un vecchio arnese,

un modello senza intenti

anche a causa dei suoi denti.

Che volasse si suppone,

mangiucchiando cose buone,

fece uova e fece figli

molto prima dei conigli,

ebbe tanti discendenti

del bisnonno assai contenti.

 

Liberamente ispirato da:

Le Scienze — 30 maggio 2013

Origine degli uccelli: la rinvicita di Archaeopteryx

 

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Ich habe einen Kameraden

Indice delle puntate precedenti di Sul retro del Teatro Massimo di Palermo

Il maresciallo Capone, quello che stava agli archivi e che passava sottobanco le informazioni riservate a Pellegrino, aveva piantato una craniata micidiale nello stipite della porta, roba da farsi due o tre giorni a casa per infermità contratta in servizio, eppure non aveva perso il buon umore e nemmeno quel sorriso leggermente ebete che aveva stampato in faccia. Sorriso che assomigliava moltissimo a quello che andava a spasso sui volti dei suoi commilitoni di ogni grado che cercavano tutte le scuse possibili per entrare nella sala d’aspetto del comando e guardare la ragazza.

Era arrivata mezz’ora prima ed aveva chiesto al piantone di essere ricevuta dal capitano Catania: potete immaginarvi con quanto dispiacere le avevano comunicato che il Signor Capitano era fuori stanza per ragioni di servizio, che sarebbe tornato più tardi e che, se lo desiderava, poteva attenderlo in sala d’aspetto e poi, se gradiva qualcosa: un caffè, una bibita fresca, una granita siciliana della rinomata gelateria lì vicino o magari che un gruppo di militari dell’arma desse una prova di forza ed ardimento, formando una piramide umana come usava nelle fotografie di reggimento del XIX secolo, non aveva che da chiedere. Beh, quest’ultima offerta non venne fatta a Fräulein Freia Morgenstern, ma era sottintesa.

Anche il gruppetto di carabinieri che parlava accettabilmente tedesco non si era soffermato sui sottili risvolti glottologici di quel nome und cognome, stampati sul biglietto di visita che era stato consegnato al piantone, sebbene i due vocaboli fossero perfettamente adeguati all’aspetto della donna. Donna perché, insomma, ragazza non lo era più, soprattutto non ne aveva il piglio: si erano limitati a guardarla cercando di non tenere la bocca spalancata come degli idioti.

L’arrivo di Catania ruppe numerosi panieri pieni di uova, in compenso salvò la vita sentimentale di un paio dei suoi sottoposti che stavano seriamente valutando l’opportunità di mollare le rispettive fidanzate per andarsi a cercare una femmina come quella, sempre che ce ne fosse un’altra su questo pianeta.

«Freia, what a surprise. What are you doing in Palermo…» Iniziò Catania, con un sorriso che finiva dove incominciavamo le orecchie.

«Parliamo pure italiano, Alberto, tanto devo fare esercizio, mi fermerò uno poco da queste parti».

«Vieni nel mio ufficio, così possiamo parlare tranquillamente… Posso offrirti qualcosa? Un caffè magari?».

«Sì, da te lo accetto volentieri, perché me ne hanno già offerti uno paio di dozzine i tuoi uomini, ma dimmi, sono tutti siciliani?».

«Una metà sì, ma gli altri vengono da tutta l’Italia, ce n’è persino uno di Bolzano. Non mi dire che quei disgraziati sono venuti tutti a ronzarti intorno…» A Catania stavano cominciando ad uscire fumo e fiamme dalle narici.

«Dai, Alberto, non mi fare il siciliano geloso. Sono stati gentilissimi, mi hanno solo guardata un pochino, ma con molta discrezione. È capitato di peggio laggiù, mi pare».

«Laggiù ad uno che ti stava addosso ho anche sparato, mi pare».

«Quello non voleva guardare e poi gli hai fatto solo paura, e comunque ci voleva quello trattamento per mettere le cose in chiaro».

Il capitano non fece in tempo a chiedere all’interfono due caffè, che il carabiniere scelto Lo Russo entrò con un vassoio ricoperto da una tovaglietta di lino, con sopra perfettamente disposti: due tazzine di caffè – tazzine di porcellana, non i soliti bicchierini di plastica – due bicchieri delle grandi occasioni, tovagliolini di carta accuratamente piegati a triangolo, due bottigliette di acqua minerale – fredda e a temperatura ambiente – e un piattino traboccante di dolcetti di mandorle,  portati quella mattina da Pellegrino per festeggiare una bella notizia di cui vi racconterò dopo, e che, essendo opera di Zia Concetta, valevano la pena di venire apposta dalla Germania per essere mangiati.

Catania non sapeva se incazzarsi con quei guardoni arrapati che si facevano i fatti suoi, o essere contento del trattamento riservato alla sua ospite, poi si ricordò qual era la provenienza dei dolci e decise di essere contento: non avrebbe fatto brutta figura.

«Ti portano tutta questa roba quando chiedi un caffè a Palermo?».

«No, è un omaggio mediterraneo riservato alle signore che ne valgono la pena, anche perché, se ti fossi messa questi pantaloni, laggiù non sarebbe bastata una raffica in aria per tenerli tranquilli».

«Ero un po’ meno elegante, vero? Però questo mi fa ben sperare per il mio lavoro qui a Palermo».

«Stavi benissimo.» Ricordò con entusiasmo Catania, poi fece mente locale alle ultime parole. «Lavoro? pensavo fossi qui in vacanza, cosa c’entra il lavoro?».

«Non quello lavoro: ho cambiato. Non hai letto mio biglietto di visita, no?».

«Ho letto solo il tuo nome e non ho guardato il resto… Ti sei messa a fare la giornalista per Der Spiegel, adesso?».

«Era arrivata ora di cambiare, stava diventando routine, devo fare uno servizio su Sicilia e volevo chiederti qualche consiglio».

«E io che speravo che fossi venuta per me…».

«Anche per te, natürlich, dovevo scegliere fra Paris e Sicilia, e sono qui, vuol dire qualcosa, mi pare».

Fräulein Morgenstern non voleva fare il solito servizio pizzamaffiamandolino, non che al suo pubblico interessasse qualcosa di diverso, ma lei aveva le migliori intenzioni di documentarsi, studiare il terreno, fare un piano operativo e tornare ad Amburgo con materiale rigoroso ed aggiornato.

Alberto Catania tirò un sospiro di sollievo: gli era tornata in mente la famigerata copertina di Der Spiegel del ’77 con gli spaghetti al sugo di pistola, nonché altre gentilezze che il settimanale di Amburgo aveva riservato alle forze dell’ordine italiane. Già così non sarebbe stato un servizio facile, ma conoscendo Freia sapeva che non sarebbe andata in giro a pestare piedi inutilmente: non avrebbe di certo rinunciato a pestare piedi, ma non sarebbe stato inutilmente.

La giornalista – freelance, per il momento, natürlich – era interessata alle procedure operative di polizia e carabinieri, dei cui risultati stavano cominciando ad accorgersi anche nelle brumose terre del Nord: quello era il posto giusto per trovare le necessarie informazioni ed i giusti appoggi. Con teutonica precisione aveva un regolare accredito da giornalista e le formali lettere di richiesta di assistenza da parte della redazione, nelle quali non dico che si scusassero per il passato – nein – ma facevano sperare di volersi comportare bene in futuro. Catania avrebbe fatto qualsiasi cosa per quella donna, ne aveva i suoi buoni motivi, ma quel tipo di decisioni erano di competenza del colonnello, quindi alzò il telefono e chiese di potergli presentare un’ospite inattesa. Il vecchio soldato rimase un attimo sorpreso vedendo entrare in ufficio l’amica di Catania, poi ripensò al curriculum militare del sottoposto e in un ottimo tedesco, frutto dei tre anni passati all’ambasciata italiana in Germania, diede tutti i permessi necessari, promise tutto l’aiuto possibile anche per i rapporti con la questura e quando venne lasciato solo, rimpianse di non avere parecchi anni di meno.

A questo punto Catania poteva portare al ristorante la sua ospite, la collaborazione promessa dall’Arma rendeva la cosa affare di servizio, e dopo pranzo poteva cercare una soluzione ai problemi operativi e logistici di quel reportage giornalistico così delicato.

 

La soluzione, scommettereste forse il contrario, furono il brigadiere Pautasso e l’appuntato Pellegrino.

A parte la fiducia nel cervello dei suoi Bibì & Bibò, alias Watson & Holmes, sapeva che la loro situazione sentimentale era sufficientemente stabile da non correre il rischio che si lasciassero distrarre troppo dalla giornalista tedesca: Secondo si era finalmente deciso a fissare la data delle nozze con Maria e Cataldo aveva appena saputo di aspettare un secondo figlio – ecco spiegato il motivo dei quattro enormi vassoi di dolcetti di mandorle preparati da Zia Concetta – quei due erano i più adatti per evitare problemi.

Quei due furono convocati nell’ufficio del capitano al ritorno del loro servizio di pattuglia e ricevettero le indispensabili e sintetiche istruzioni: Fräulein Morgenstern era una giornalista tedesca incaricata di un importante reportage sull’operato delle forze dell’ordine nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata siciliana. Per ordine superiore doveva ricevere l’assistenza necessaria al suo lavoro, quindi sarebbe stata trattata come una reporter embedded nelle operazioni di indagine ed, eventualmente, di intervento del comando e sarebbe stata temporaneamente aggregata alle loro attività di servizio: dal giorno successivo la giornalista li avrebbe accompagnati ovunque come se fosse stata una collega. Non ci fu bisogno di specificare che alla donna non sarebbero dovuto capitare incidenti, a parte l’onore in gioco dell’Arma Benemerita, gli occhi di Catania erano sufficientemente eloquenti; disse anche a Pellegrino che Fräulein Morgenstern aveva molto apprezzato i dolcetti di Zia Concetta e, poiché quel fatto costituiva quasi un’adozione nella vasta tribù dell’appuntato, i due carabinieri presero l’incarico come un fatto personale.

Fräulein Morgenstern venne fatta entrare nell’ufficio e furono fatte le presentazioni ufficiali; i due amici poterono ammirare per la prima volta, erano di pattuglia quella mattina, la donna che aveva sconvolto la “tranquilla” vita del comando e cominciarono a preoccuparsi su cosa avrebbero detto le rispettive consorti, loro sì che erano delle siciliane gelose.

Il mattino dopo i tre cominciarono i soliti giri di pattuglia ed eseguirono un paio di interventi richiesti dal comando, niente di particolarmente serio, e furono sorpresi da quanto la giornalista non fosse di disturbo per il loro lavoro, anzi, mentre aspettavano l’ambulanza, riuscì a tranquillizzare e consolare incredibilmente in fretta una donna che era stata derubata e malmenata da uno scippatore insolitamente brutale. Mancava meno di un’ora alla fine del turno quando dal comando venne l’ordine di recarsi in località Case Vecchie, dove erano state segnalate attività sospette in un rustico abbandonato.

Prima di partire indossarono i giubbotti antiproiettile, ce n’era uno anche per la tedesca, dovevano o non dovevano trattarla come una collega?

Il rustico era una vecchia costruzione ad un piano di non più di un paio di stanze, ancora in decenti condizioni; fecero  un giro tutto intorno e diedero uno sguardo attraverso i vetri lerci delle finestre senza rilevare niente di sospetto, poi quei due si lasciarono cogliere dalla tentazione di fare i rudi poliziotti e di irrompere nella casa, passando per la porta che sembrava solo accostata.

Armi in pugno prepararono l’irruzione: Pautasso si piazzò a sinistra della porta, Fräulein Morgenstern a destra – lei senza armi naturalmente – e Pellegrino prese lo slancio per spalancare l’uscio con un calcio.

«No!» Gridò Pautasso.

«Halt!» Gridò la giornalista.

Pellegrino incredibilmente riuscì a fermarsi e a posare a terra il piede senza urtare la porta.

«Vado alla radio a chiamare gli artificieri.» Disse, pallido come un morto, l’appuntato.

 

Il maresciallo maggiore Rosolino aveva fatto tanta di quella pratica nei Balcani ed in Iraq che ci mise meno di cinque minuti a disinnescare la bomba e solo altri dieci a bonificare con calma tutta la casa e a tagliare i fili trappola attaccati alle finestre della bicocca.

«Vi hanno promosso di recente, ragazzi? Quindici chili di tritolo e tre bombole di gas da venticinque chili l’una solo per voi mi sembrano eccessivi».

Il capitano Catania era livido. Dal punto di vista strettamente tecnico l’operazione era stata un completo successo: non erano caduti nell’agguato, tutto il materiale esplosivo era stato recuperato ed era disponibile per gli accertamenti del caso, potevano persino tenere la cosa ragionevolmente sotto silenzio perché non c’erano giornalisti fra i piedi, tranne Freia naturalmente, ma lei non avrebbe aperto bocca. Il problema era un altro ed era quello che si stavano domandando Pautasso e Pellegrino: chi aveva appena cercato di far fuori la giornalista tedesca e perché?

Sul perché Catania non aveva molti dubbi: qualcuno voleva che Der Spiegel pubblicasse una bella copertina con un piatto di spaghetti al sugo di bomba. Il chi, adesso, non aveva molta importanza: troppi potevano avere interesse a scatenare il diluvio di indagini che sarebbe seguito a quelle tre morti, anche se difficilmente poteva trattarsi di gente della zona, era più probabile che l’idea fosse venuta a qualcuno di fuori, per fare un dispetto a quelli del posto. La domanda che dovevano porsi era: come avevano fatto ad individuare la giornalista, sapere come avrebbe preparato il suo servizio, preparare l’attentato e il tutto in poco più di ventiquattr’ore. Chi aveva parlato?

Pautasso e Pellegrino avevano un’altra domanda che gli girava in testa: come diavolo aveva fatto la donna a capire che la casa era minata? Che ci fosse riuscito Pautasso non era una novità, con tutta l’esperienza fatta in Kosovo; anche Pellegrino mentre stava per tirare il calcione sentiva una vocina che gli diceva: “non farlo, non farlo” e forse sarebbe riuscito a fermarsi da solo; ma lei?

 

Il colonnello era infuriato e la cosa che lo imbestialiva di più era il non sapere con chi infuriarsi. Non poteva di certo prendersela con Catania, e nemmeno con Pautasso e Pellegrino, che anzi avrebbe proposto per un encomio, con la giornalista meno che meno anche se era indubbiamente l’origine di tutto. Fu lieto di apprendere che Fräulein Morgenstern, dopo la sua telefonata di preavviso, era andata immediatamente a presentare le proprie credenziali al questore: per il momento poteva far finta di credere che la talpa si trovasse nella polizia e non fra i suoi uomini, però…

Freia Morgenstern, insistette affinché le cose non cambiassero, lei non aveva di certo paura e si fidava dei due carabinieri a cui l’avevano aggregata, dei quali aveva potuto apprezzare la correttezza e la preparazione professionale. Ciò non sarebbe bastato né al colonnello né a Catania, che aveva anche preoccupazioni più personali; quello che convinse i due ufficiali fu l’ovvia constatazione fatta dalla giornalista che non avrebbe potuto scrivere il suo servizio come intendeva, se avesse dovuto cambiar metodo di lavoro e, soprattutto, che solo correndo il rischio di altri attentati potevano sperare di concludere rapidamente quell’indagine.

I due giorni successivi furono di assoluta routine, movimentata solo da una rissa fra spacciatori extracomunitari vicino alla stazione, finita con un morto accoltellato e due arresti, niente che non fosse abituale anche ad Amburgo.

 

Il pomeriggio del terzo giorno arrivò al comando una confidenza interessante da parte di una delle solite voci bene informate, voci che a volte risultano persino attendibili. Quella notte, in una masseria isolata nelle campagne, era possibile intercettare un passaggio di droga da un grossista ai suoi distributori locali, l’operazione giusta da mostrare alla stampa straniera. Potete immaginarvi quali e quante precauzioni vennero prese per ridurre al minimo i rischi: non bastarono.

Il previsto arresto in flagranza di reato si trasformò immediatamente in un conflitto a fuoco che sembrava una battaglia, mancavano solo il napalm e il tiro dei mortai a fare la differenza.

Pautasso e Pellegrino avevano ovviamente il compito di tenere al sicuro la giornalista e ce la misero tutta. Ci stavano perfino riuscendo quando la donna ordinò: «Possiamo aggirare la loro posizione, seguitemi. Schnell!», dopo di che sparì al passo del leopardo fra i fichidindia che circondavano la masseria, lasciando ai due carabinieri solo la possibilità di andarle dietro, con tutte le precauzioni previste dall’addestramento per il movimento sotto il fuoco nemico ed il terrore che a quella pazza capitasse qualcosa.

Capitò che finirono per tagliare la ritirata alle forze nemiche che ripiegavano ordinatamente, pardon, finirono in mezzo ai criminali che cercavano di scappare dal retro, armati fino ai denti e ben decisi a non lasciarsi arrestare.

Quando Catania riuscì a raggiungerli la situazione era la seguente: Freia stava mettendo un laccio emostatico di emergenza a Pautasso che aveva una ferita al braccio sinistro, Pellegrino non aveva più nemmeno la forza di bestemmiare a causa dei tre colpi di Kalashnikov che erano stati fermati dal giubbotto antiproiettile ma gli avevano rotto un paio di costole. E i mafiosi? Prima di tutto non facciamo confusione: tranne uno si trattava di calabresi, quindi il termine mafiosi è improprio, buono appena appena per i lettori tedeschi che fanno di tutte le erbe un fascio; comunque tre di loro erano stati gravemente feriti dall’unica raffica sparata da Pellegrino prima di venir messo fuori combattimento, gli altri due stavano vomitando anche i cabasisi – in altra lingua hoden – a causa dei terribili calci nei medesimi che aveva rifilato loro l’Hauptmann Freia Morgenstern, pluridecorato ufficiale in congedo dei paracadutisti della Repubblica Federale di Germania. Non chiedetemi, per favore, in quale occasione della loro comune permanenza in Afghanistan Freia ed Alberto si fossero scambiati la traduzione di simili dettagli anatomici: sono fatti loro e non intendo immischiarmene.

 

Naturalmente fu subito evidente che anche il supposto traffico di droga era una trappola per eliminare la giornalista, di stupefacenti infatti non venne trovata traccia, mentre era chiaro che i cinque si erano appostati per prendere sotto il tiro incrociato dei kalashnikov i carabinieri che arrivavano.

Dopo un po’ di indagini fatte dai carabinieri di Palermo e di Reggio Calabria con la collaborazione della polizia tedesca, risultò che si trattava proprio di un dispetto che una cosca della Locride voleva fare a dei concorrenti palermitani e che tutta l’idea era partita da Amburgo: da uno di quella cosca che aveva la donna che lavorava come segretaria nella redazione di Der Spiegel. La poveretta, che non sospettava niente, aveva raccontato al moroso italiano che in redazione stavano preparando un servizio sui maffiosi siciliani e che lo avrebbe scritto un’ex ufficiale dei paracadutisti, aveva persino fornito fotografie di Freia e la traccia prevista per il servizio: la classica cretina innamorata di tutti i romanzi di spionaggio.

L’onorabilità delle forze dell’ordine italiane era salva, mentre quella del servizio di sicurezza del più famoso settimanale tedesco lo era un po’ meno, ma diplomaticamente la cosa non venne fatta troppo pesare.

 

Alla fine il reportage di Freia riuscì un vero successo e quando Pautasso e Pellegrino tornarono in servizio dopo le loro licenze per ferita in servizio, scoprirono che Catania era partito lui in licenza, per un giro turistico della Sicilia, e non aveva nascosto di essere in ottima compagnia.

 

Capone, che non li vedeva da qualche settimana, aveva gli ultimi pettegolezzi: linguistici questa volta.

«Ma lo sapete cosa significa Freia Morgenstern? Lo Russo lo ha chiesto alla professoressa di tedesco di sua figlia: Freia era la dea germanica dell’amore, l’equivalente di Venere per i Romani, e a anche Morgenstern vuol dire la stessa cosa perché è la stella del mattino, cioè di nuovo il pianeta Venere».

«Nein!» Risposero in coro Sherlock Holmes e il Dottor Watson, che avevano avuto tutto il tempo di documentarsi su internet durante la convalescenza. «Freia, o meglio Freyja, era la divinità vichinga della guerra, che cavalcava nella desolazione dei campi di battaglia calpestando i caduti e si divideva con Odino i cadaveri dei nemici uccisi. In quanto al morgenstern era la mazza ferrata che i cavalieri teutonici usavano sin dall’undicesimo secolo per spaccare la testa ai nemici. Hai presente quella palla di ferro piena di punte attaccata ad un manico? ecco, quella roba lì».

 

Capone li guardò un attimo e poi chiese: «Con quale delle due dee pensate preferisca trovarsi in questo momento il Capitano Catania?».

«Capone, sei un uomo di mondo. Si capisce che hai fatto il militare a Cuneo.» Concluse Pautasso.

Indice delle puntate precedenti

 

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Crediti formativi molto incredibili

Tre dei membri del gruppo di Facebook Dibattito Scienza si sono indignati per quanto potrete leggere qui sotto e hanno deciso di farlo in maniera utile ed attiva.

Poiché condivido la loro indignazione, pubblico anch’io, pur sapendo quanto sia velleitario lavar la testa a certi asini.

 

Ai signori Dirigenti Scolastici e ai Docenti dei Consigli di Classe:

 

  • Istituto Tecnico Industriale “E. Fermi” – Via Cesare Minardi 14 – Frascati
  • Istituto Professionale per i Servizi Commerciali “M. Pantaleoni” – Via B. Postorino 27 – Frascati
  • Liceo Classico “Marco Tullio Cicerone” – Via Fontana Vecchia 2 – Frascati
  • Istituto Tecnico Commerciale “Michelangelo Buonarroti” – Via Angelo Celli 1 – Frascati
  • Liceo Scientifico “Bruno Touschek” – Via Kennedy – Grottaferrata
  • Scuola Superiore “Giovanni Falcone” – Via Garibaldi,19 – Grottaferrata
  • Scuola Superiore “San Nilo” – Piazza Marconi, 7 – Grottaferrata
  • Istituto Salesiano Villa Sora – Via Tuscolana, 5 – Frascati

e, per conoscenza:

Italia Nostra – Settore Educazione al Patrimonio – educazioneformazione@italianostra.org

Oggetto: Crediti formativi per conferenza Giampaolo Giuliani

Egregi Professori,

scriviamo per richiedere una vostra presa di posizione in merito all’evento del titolo “È possibile prevedere i terremoti?”, che si terrà il 19 Aprile a Frascati. Questo evento prevede la presenza di Giampaolo Giuliani, che ha recentemente fatto parlare di sé perché sostiene di poter prevedere i terremoti osservando le emissioni di radon, affiancato da Leonardo Nicoli, direttore della Fondazione Giuliani.

Dobbiamo con rammarico osservare che un’associazione meritoria, Italia Nostra, offra il proprio patrocinio a un evento in cui un signore che si muove all’esterno della comunità scientifica può liberamente divulgare le sue opinabili ipotesi su un tema alquanto delicato e sensibile, il tutto senza alcun contraddittorio. Certamente ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, il rammarico nasce dalla perentorietà di certe affermazioni del signor Giuliani, che non risultano a tutt’oggi verificate (vedi approfondimento allegato), diffuse sull’onda emotiva in un paese che negli ultimi anni ha avuto a che fare con eventi sismici particolarmente distruttivi. Il rammarico si trasforma però in sdegno nell’apprendere che la partecipazione a questo incontro verrà considerata come credito formativo per gli studenti, nonostante non ci sia alcun riconoscimento ufficiale delle idee del Sig. Giuliani, né da parte del MIUR né da parte di altri Istituti che si occupano di territorio, a qualunque titolo.

Una cosa che vorremmo fosse insegnata agli studenti è che qualunque teoria riguardante fenomeni naturali deve umilmente sottoporsi al giudizio di tutti coloro che studiano, nei vari aspetti, questo stesso fenomeno (peer-review). Questo giudizio dovrà avvenire attraverso procedure standard, che non possono prescindere da metodologie condivise di indagine; dall’elaborazione di ipotesi e previsioni potenzialmente verificabili; da adeguata pubblicazione dei risultati sperimentali; dal controllo di esperti indipendenti; dalla verifica sperimentale indipendente delle ipotesi formulate, ecc.

L’insieme di queste procedure non è un capriccio di qualche fantomatico establishment; al contrario, queste regole hanno lo scopo di garantire una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esse costituiscono il metodo scientifico, che si è andato costruendo nel corso dei secoli con il contributo di tutti coloro che si occupano di Scienza e di Conoscenza, nella consapevolezza che la conoscenza scientifica ha come giudice unico la Natura stessa, non un’autorità terrestre, non sicuramente l’opinione pubblica. Chi si colloca al di fuori di queste pratiche collaudate – che, proprio in virtù del fatto di ammettere la possibilità di errore, forniscono gli strumenti per individuarlo e correggerlo – si colloca al di fuori del mondo della scienza.

Purtroppo – e l’esame delle cause sarebbe lungo e complesso – in questi ultimi anni in Italia stiamo assistendo al fiorire di sedicenti “ricercatori indipendenti” in vari campi del sapere; personaggi che si fanno vanto dell’essere “emarginati dalla scienza ufficiale”, e trovano così la maniera di diventare noti all’opinione pubblica, propugnando fantomatiche “scoperte eccezionali”, rifiutate a causa di chissà quali indegni complotti. Questi venditori di illusioni giocano spesso con la sofferenza delle persone, e trovano chi li sostiene per meri interessi politici, ideologici od economici.

Contemporaneamente viene sottovalutato, non finanziato, ostacolato il lavoro di tanti ricercatori seri (spesso precari e malpagati) la cui colpa è quella di non far parte del grande circuito mediatico, di non “far notizia”. Il vero scandalo non è il presunto ostracismo verso Giuliani o quelli come lui: il vero scandalo è che l’Italia destina sempre meno risorse alla ricerca seria, all’Università, all’Istruzione, mettendo una seria ipoteca sul nostro futuro come nazione sviluppata e costringendo molti dei nostri ingegni più brillanti a trasferirsi all’estero. Dare legittimità agli outsider come Giuliani di certo non aiuta a muoversi nella giusta direzione.

In conclusione chiediamo a tutti voi, Dirigenti Scolastici e Docenti, di dare la massima visibilità a questo documento e di non riconoscere, in sede di consiglio di classe, crediti formativi a fronte della presentazione dell’attestato di frequenza all’evento. Possiamo suggerire, in alternativa, la partecipazione all’incontro “La previsione dei terremoti: tra miti e realtà” di Warner Marzocchi, direttore di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV, che si terrà il 18 aprile ore 16-18 presso il Dipartimento di Fisica, Università la Sapienza, Aula Amaldi.

Ci auguriamo, ove possibile e compatibilmente con il carico didattico, che quanto scritto funga da stimolo per aprire una discussione con gli studenti sull’importanza di una corretta e rigorosa informazione scientifica.

Distinti saluti.

 

  • Marco Fulvio Barozzi, blogger scientifico e insegnante
  • Luca Di Fino, ricercatore TD Dip. Fisica, Università Tor Vergata
  • Aldo Piombino, blogger scientifico
  • Simone Angioni, chimico, Università di Pavia, Segretario Associazione Culturale Scientificast
  • Marzia Bandoni, esperta e-learning
  • Martino Benzi, ingegnere
  • Paolo Bianchi, blogger scientifico, Associazione Culturale Scientificast
  • Marco Casolino, Primo Ricercatore INFN e Dip. Fisica, Università Roma Tor Vergata
  • Pellegrino Conte, professore associato di Chimica Agraria, Università degli Studi di Palermo
  • Carlo Cosmelli, docente di Fisica, Dipartimento di Fisica, Università Roma Sapienza
  • Marco Ferrari, giornalista scientifico
  • Mario Genco, Dibattito Scienza
  • Milena Macciò, Dibattito Scienza
  • Silvano Mattioli, Dibattito Scienza
  • Marco Messineo, fisico, Dibattito Scienza
  • Silvia Onesti, Elettra-Sincrotrone Trieste
  • Giuseppe Perelli, studente di dottorato in Scienze Computazionali e Informatiche
  • Lisa Signorile, biologa e blogger scientifica.
  • Fabrizio Tessari, Dibattito Scienza
  • Luca Vanini, studente in Ingegneria Meccanica
  • Bruna Vestri, blogger
  • Veronica Zaconte, fisico
  • Giovanni Ponzio, ingegnere civile
  • Dario De Marchi
  • Marco Cameriero, studente
  • Luigi Buccelletti, medico chirurgo, odontoiatra, blogger
  • Marco Bruno, imprenditore
  • Roberto Natalini, Matematico, Dirigente di Ricerca del CNR
  • Giuseppe Lipari, Professore associato di Sistemi di Elaborazione dell’Informazione, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
  • Daniele Oppo, cronista free lance, blogger (quasi) scientifico
  • Rosalba Cocco, insegnante di scuola Primaria
  • Enrico Bo
  • Camillo Galante, architetto, libero professionista
  • Moreno Colaiacovo, bioinformatico
  • Domenico Barbato, Laureato in fisica, studente alla magistrale di astrofisica e fisica teorica
  • Paolo Amoroso, divulgatore scientifico
  • Paolo Valente, fisico
  • Emanuela Guizzo
  • Matteo Cardinali, fisico particellare, Helmholtz-Institut, Mainz
  • Alessandro Venieri, funzionario geologo, Provincia di Teramo
  • Angelo Minisci
  • Brunello Tirozzi, Ordinario di Fisica Matematica, Università di Roma “La Sapienza”
  • Giovanni Vittorio Pallottino, già professore ordinario di Elettronica, Università di Roma “La Sapienza”
  • Carlo Mariani, Professore di Struttura della Materia, Università di Roma La Sapienza
  • Marco Ferraguti, Dipartimento di Bioscienze, Università degli Studi di Milano
  • Warner Marzocchi, INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Fabio Bruni, Docente di fisica, Dipartimento di scienze, Università di Roma Tre
  • Martina Pugliese, studentessa dottorato Fisica Sapienza Università di Roma
  • Antonio Piersanti, Sismologo, INGV
  • Ignazio Verde, genetista, ricercatore
  • Simone Rossi, Studente di Scienze e Tecnologie Agrarie
  • Federico Marini, studente magistrale in Scienze Geologiche
  • Edoardo Volpi Kellermann, musicista, scrittore, blogger, appassionato di scienza
  • Igor Lanese, MSc, PhD in Ingegneria Sismica e Sismologia
  • Renato Angelo Ricci, Presidente dell’Associazione Galileo 2001, Professore emerito dell’università di Padova
  • Paolo Gasparini, Professore Emerito Università di Napoli Federico II
  • Giuseppe Codispoti, PostDoc Universita’ di Bologna & INFN Bologna
  • Sandro Ciarlariello, studente di dottorato in astrofisica, Institute of Cosmology and Gravitation, Portsmouth
  • Domenico Barbato, studente magistrale in Astrofisica e Fisica Teorica, Torino
  • Marco Isopi, docente di Matematica, Dipartimento di Matematica, Università Roma Sapienza
  • Giulia Paccagnella, studentessa di Scienze Geologiche
  • Andrea Mazzoleni, astrofilo e appassionato di scienza e tecnica
  • Giuseppe Felici, fisico
  • Giulio Valentino Dalla Riva, PhD candidate @ Biomathematical Research Centre, University of Canterbury, Christchurch, New Zealand
  • Piero Patteri, ricercatore INFN – Laboratori Nazionali di Frascati
  • Annarita Ruberto, docente di Matematica e Scienze, Scuola sec. di 1° grado
  • Giorgio Trenta, consigliere Galileo 2001
  • Maurizio Nagni, Fisico, Software Engineer, STFC (UK)
  • Silvia Bencivelli, giornalista scientifica
  • Lapo Casetti, ricercatore, dipartimento di fisica e astronomia, università di Firenze
  • Alessandro Amato, Ricercatore Sismologo, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Cristian Consonni
  • Sandro Cantoni, Geologo libero professionista e insegnante
  • Aldo Winkler – Tecnologo, Istituto Nazionale di Geofisica & Vulcanologia
  • Alberto Michelini, Dirigente di ricerca INGV
  • Alessio Piatanesi, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Antonino Mostaccio, INGV – Osservatorio Etneo, Ct
  • Boris Behncke, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Maurizio Bonafede, Department of Physics & Astronomy – Section Geophysics, University of Bologna
  • Laura Sandri
  • Lucia Margheriti, Centro Nazionale Terremoti, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Francesca Pacor – I Ricercatore – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Ingrid Hunstad – INGV Roma
  • Maria Teresa Mariucci, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Isidoro Ferrante, Ricercatore dipartimento di Fisica, Università di Pisa
  • Paola Montone, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Licia Troisi, 2nd University of Rome “Tor Vergata”
  • Francesco Mele, Ricercatore INGV
  • Paolo Pascucci, blogger
  • Stefano Pucci, Sez. Sismologia e Tettonofisica, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Francesca Di Stefano, Redazione Centro Editoriale Nazionale (coordinatore), INGV
  • Andrea Rovida, tecnologo – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Milano
  • Giuseppe Giuliani, Dipartimento di Fisica, Pavia
  • Fabrizio Romano, INGV
  • Giuseppe Merigo
  • Fabrizio Galadini, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Massimo Nespoli, Fisico, dottorando in geofisica presso: INGV-Sez Bologna
  • Marica Fulginiti
  • Patrizia Tosi, primo ricercatore, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Roberta Sparvoli, Ricercatore Dipartimento di Fisica, Università di Roma Tor Vergata
  • Claudio Chiarabba, Dirigente di Ricerca INGV
  • Luca Nori, Geologo
  • Angelica Crottini, Biologa
  • Giulio Valli, Consigliere dell’Associazione Scientifica Galileo2001 per la libertà e la dignità della Scienza
  • Elisabetta La Torre, Fisico
  • Gianfranco Pradisi, ricercatore TI
  • Paolo Papale, Dirigente di Ricerca, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Chiara P. Montagna, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Pisa
  • Paolo Micheloni
  • Daniele Bailo – INGV
  • Mirko Morini, ricercatore, Università degli Studi di Ferrara
  • Giuseppe De Natale, Dirigente di Ricerca INGV-Osservatorio Vesuviano
  • Maria Letizia Terranova, Università di Roma “Tor Vergata”
  • Antonella Amoruso, Dipartimento di Fisica Università di Salerno
  • Luca Crescentini, Dipartimento di Fisica Università di Salerno
  • Riccardo Reitano, Fisico, Università di Catania
  • Giancarlo de Gasperis, ricercatore, Dipartimento di Fisica — Università di Roma “Tor Vergata”
  • Maria Rosaria Dilella
  • Fabio Bredolo, medico
  • Monica de Simone, CNR IOM
  • Velia Minicozzi, Ricercatrice, Tor Vergata
  • Teresita Gravina, laureata in scienze geologiche e PhD in Geofisica e Vulcanologia
  • Giorgio Gianotto, direttore Codice edizioni
  • Ilaria Zanardi, ricercatrice all’IBF-CNR
  • Laura Bonaventura, dottoranda in chimica e blogger
  • Sylvie Coyaud, Giornalista scientifica, Il Sole-24 Ore/Oggi Scienza
  • Giovanni Spataro, redattore Le Scienze
  • Marco Frasca, fisico teorico e blogger
  • Tobia Paternò, Software Quality Engineer
  • Roberto Verolini
  • Giada Tagliaboschi, studentessa di Geologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma
  • Stefano Giovanardi, Planetario di Roma
  • Daniela Pantosti, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Spina Cianetti, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Alessandro Pizzella, Dipartimento di Fisica e Astronomia – Universita’ di Padova
  • Antonio Meloni, Fisico Dirigente di Ricerca, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Franco Mistretta, insegnante di Scienze – Roma
  • Daniela Germani, dottore di ricerca in Scienze della Terra (Università degli Studi di Milano)
  • Paola Castrucci, Dipartimento di Fisica, Università Roma Tor Vergata
  • Barbara Sciascia, ricercatrice INFN
  • Umberto Fracassi, geologo, ricercatore (precario) presso l’INGV dal 2003
  • Mauro Zunino socio C.I.C.A.P.
  • Claudia Antolini, dottoranda in astrofisica presso la SISSA, Trieste
  • Francesca Sartogo, insegnante, docente Mat. e Fis. scuola sup. II grado, PhD, blogger, genitore
  • Micol Todesco, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Nicola Montemezzo, ingegnere elettronico
  • Licia Faenza, Ricercatrice Istituto Nazionale Geofisica Vulcanologia
  • Lucia Zaccarelli – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
  • Luigi Galati, medico
  • Paola Bruscoli, Research Fellow, Department of Computer Science, University of Bath
  • Antonio Gandolfi, Presidente AIF – Associazione per l’insegnamento della Fisica
  • Viviana Amati, insegnante
  • Edoardo Del Pezzo
  • Fulvio Turvani, tecnico aeronautico
  • Massimino Baldracco
  • Michele Lucente, dottorando in fisica
  • Martina Tindara Mazza
  • Sergio Ciuchi, prof. Associato, Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche, Università dell’Aquila
  • Francesca Bianco, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sez. Osservatorio Vesuviano
  • Nicoletta Foschi, insegnante
  • Claudia Gaballo
  • Mariangela Cestelli, Ricercatrice INFN, fisica
  • Soffio Di Falco
  • Ian Postuma, dottorando in fisica nucleare dell’università di pavia
  • Emiliano Barbaini, web designer
  • Cristina Rovelli, biologa, dottoranda presso l’università di Pavia
  • Gaia Pedrolli, insegnate di Fisica nella scuola superiore, Firenze
  • Giacomo Tarsi
  • Furio Bassani
  • Giovanni Perini – ARI, Sezione di Fidenza – Progetto SDT “Segnali Dalla Terra”
  • Simona di Tullio, biologa
  • Michela Alfè, chimica, ricercatrice CNR
  • Luigi Cerri, sismologo, dipendente della Fondazione Idis-Città della Scienza
  • Maria Valeria Ruggiero, Ecology and Evolution of Plankton, Stazione Zoologica “Anton Dohrn”
  • Guido Gonzato, informatico, dottorato in Geofisica
  • Federica Sgorbissa, giornalista scientifica
  • Fulvio Turvani, tecnico aeronautico
  • Massimino Baldracco
  • Michele Lucente, dottorando in fisica
  • Paolo Balocchi, cittadino Italiano, Laureato in Geologia, Scout ed Educatore
  • Ivan Sartorato, ricercatore CNR
  • Gianluca Galeotti, Laureando in Scienza dei Materiali
  • Fabrizio Leporini
  • Dario De Marchi, studente e blogger
  • Maria Grazia Ciaccio
  • Antonio Fanelli
  • Paolo Casale – dottore in Fisica, Laboratorio di sismologia, INGV
  • Claudia rege Cambrin, progettista software
  • Giampaolo Gratton
  • Antonio Valente, ingegnere informatico
  • Massimo Baldan, blogger, ex-commerciante, cittadino
  • Gherardo Piacitelli, fisico teorico, SISSA di Trieste
  • Francesca Quareni, professore associato di Fisica del Vulcanismo-INGV
  • Stefano Marcellini
  • Domenico caruso
  • Silvio Lamberti – Studente in Ingegneria Meccanica
  • Enrico Gazzola, Dottorando in Fisica, Università di Padova
  • Fabrizio Benedetti, Chercheur FNS senior, Université de Lausanne
  • Gianfranco Agnusdei Pensi, ingegnere
  • Giorgio Zerbinati, amministratore locale e divulgatore
  • Fabrizio di Caprio, chimico industriale
  • Antonio Ficarra, progettista strutture edilizia civile e industriale
  • Elena Tosato
  • Marilena Berera
  • Paolo Peranzoni, ex insegnante di Fisica
  • Roberto Corsini, senior scientist, CERN-Ginevra.
  • Corrado Venturini
  • Marco Ricchiuti, studente liceale, sezione scientifica
  • Simone Ricci, imprenditore nella comunicazione
  • Matteo Spada, ricercatore Paul Scherrer Institute, Villigen PSI Svizzera
  • Davor Jovic
  • Monica Poppi
  • Federico Bo, ingegnere informatico, Roma
  • Massimo Della schiava, geologo, ex sismo-vulcanologo INGV, blogger scientifico
  • Paolo Giacobazzi
  • Paola Peresin, biologa Venezia
  • Paolo Balbarini, laurea in Fisica con specializzazione in sismologia
  • Martino Marisaldi, ricercatore Istituto Nazionale di Astrofisica
  • Ilaria Zanetti, Trieste
  • Niccolò Dainelli, geologo, Firenze
  • Antonio Crespi, matematico, Varese
  • Olivia Levrini, ricercatrice in Didattica della fisica, Università di Bologna
  • Manuela Cirilli, fisico e comunicatore scientifico CERN
  • Giuseppe Molteni, ricercatore in analisi Università statale di Milano
  • Flavio Mariani, dottorando in Fisica presso Università di leiden
  • Antonio Sidoti, fisico, ricercatore INFN, Roma
  • Luca Demattè, fisico e tecnologo
  • Riccardo Gatto, statistico ed economista, primo ricercatore presso ISTAT
  • Alberto Reani, blogger
  • Daniele Defilippi, studente scienze mfn
  • Emanuela Guizzo
  • Romeo Gentile a.k.a. LeFou
  • Cristiana Castaldo, laureata in biotecnologie, ricercatrice
  • Samuele Arcidiacono
  • Luca Zeni
  • Alessandro Sabatino, fisico ambientale e blogger
  • Chiara Levolella
  • Massimiliano Todisco
  • Corrado Zanella, ordinario di Geometria, Università di Padova
  • Daniele Goretti
  • Paola Forlenza, fisico
  • Simone DiPasquale
  • Anna Rita Longo
  • Giuliana Galati
  • Claudia Rege Cambrin, progettista software
  • Carla Citarella, operatore artistico, libero professionista
  • Annarita Ruberto, docente di Scienze e Matematica, Scuola Sec. 1° grado
  • Nicolino Lo Gullo, assegnista presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli studi di Padova
  • Carmelo Di Mauro, psicologo, blogger
  • Andrea Ricci, informatico
  • Antonella Camalleri, casalinga
  • Luca Croce, consulente informatico
  • Massimo Pacifici, medico
  • Anita Eusebi, matematica, docente a contratto presso l’Università degli Studi di Camerino
  • Marco Marazza, consulente aziendale e formatore
  • Maurizio Cassi, statistico e analista econometrico. Pubblica amministrazione, Roma
  • Filippo Solinas, Dibattito Scienza
  • Anna Maria D’Amore
  • Mauro Fornara
  • Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, National Geographic e Mente&Cervello
  • CICAP, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale

{ – – – Nota del 17/04/2013:

L’elenco dei firmatari è stato aggiornato a quello definitivo, pubblicato su Background noise

Aggiungo l’elenco dei siti che hanno aderito all’iniziativa:

 

– – – }

Un breve approfondimento

Le idee di Giampaolo Giuliani non sono così originali e rivoluzionarie come certa stampa afferma: sulle relazioni fra emissioni di radon e terremoti ci sono diversi studi in molte aree sismiche del mondo, da Taiwan all’Islanda, passando per la California. Tutte le principali riviste scientifiche specializzate ne hanno prima o poi parlato. Che non sia propriamente una novità lo dimostrano le prime tracce in bibliografia, che risalgono al 1967. In California il sistema fu usato regolarmente per un po’ di tempo negli anni ’70. Ci furono dei riscontri per un paio di eventi nel 1979, ma poi il metodo è stato sostanzialmente eliminato perché la sua affidabilità era scadente; per esempio, il terremoto di Landers del 1972 fu seguito un paio di settimane dopo l’evento da anomali valori del gas e nel 1981 ci fu un brusco innalzamento dei livelli nell’area di Los Angeles, ma non accadde nulla. A Taiwan, dove vi sono aree particolarmente idonee a questi studi, sia geologicamente che climaticamente, si sono registrati diversi episodi di correlazione tra radon e sismicità. Ad esempio, la sorveglianza della faglia di Chuko ha dimostrato un aumento delle emissioni di radon prima di eventi sismici lungo quella specifica faglia, ma ancora senza raggiungere una predizione degli eventi stessi in qualche misura soddisfacente.

Il problema è che questi studi hanno dato troppi falsi positivi mettendo in evidenza quanto poco il radon sia predittivo. Una previsione è valida quando funziona, cioè quando l’evento si verifica. Una previsione è sbagliata sia se prevede qualcosa che poi non avviene (falso positivo), sia quando non prevede qualcosa che invece avviene (falso negativo). Dire che prima o poi pioverà a Roma è sicuramente una previsione che sarà confermata dai fatti, ma non può considerarsi di certo rivoluzionaria, anche se basata su osservazioni condivise.

C’è poi una differenza fondamentale fra Giuliani e queste ricerche: tutte si basano sullo studio di una singola faglia, quando invece Giuliani parla genericamente di aree. Questo è un particolare di non trascurabile importanza: prevedere un terremoto significa fare un comunicato in cui si scrive che “circa il tal giorno alla tal ora si verificherà lungo quella faglia un evento di magnitudo n il quale provocherà uno scuotimento come da cartografia allegata”. Come si può definire l’area in cui vanno presi provvedimenti di protezione civile senza sapere quale faglia si muoverà?

Ricordiamo inoltre che Giuliani non ha mai realmente previsto nulla di significativo, come dimostra un video del Marzo 2010 preparato dai ricercatori dell’INGV, grazie al quale vengono messe in evidenza tutte le sue contraddizioni: infatti non riesce, nemmeno successivamente al tragico sisma che il 6 Aprile del 2009 colpì la città dell’Aquila, a fornire una informazione coerente sulla sua presunta previsione del terremoto. Anzi, risulta agli atti che una settimana prima del fatale terremoto aquilano voleva sgomberare Sulmona a seguito dell’evento di Magnitudo 4.0 che aveva colpito la cittadina il 29 marzo 2009. Insomma, si prevede pioggia a Frascati e poi aprono gli ombrelli a Ladispoli. Che previsione è?

Siamo convinti che la ricerca sui segnali premonitori dei terremoti sia importante, ma debba essere condotta in contesti davvero affidabili, non certo sull’onda dell’emotività o della personalizzazione. Siamo tuttavia altrettanto certi che in un paese come il nostro sia più importante investire nella prevenzione, con una adeguata gestione del territorio e con norme e controlli più stringenti sul patrimonio edilizio. La lezione ci viene dal Giappone, paese con sismicità anche superiore alla nostra: costruire in maniera corretta e nei luoghi corretti vuol dire anzitutto abbattere drasticamente la perdita di vite umane, anche in caso di forti terremoti, oltre a ridurre sensibilmente i costi per la ricostruzione post-sismica. Certo che ci vogliono precise scelte politiche, e all’orizzonte non si vedono segnali confortanti.

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Intrigo siculo-giapponese

Indice delle puntate precedenti di Sul retro del Teatro Massimo di Palermo

Miss Violet O’Hara era venuta al comando per formalizzare fra le lacrime la denuncia e firmare la sua deposizione.

Che fosse irlandese lo provavano il suo cognome, i suoi documenti ed una chioma di capelli rossi che avrebbe fatto invidia a quella della quasi omonima Maureen O’Hara. Aveva anche un bel viso, un po’ irregolare ma interessante; qualcuno avrebbe potuto considerarla una bella ragazza. O meglio: un paio molto abbondante di belle ragazze.

Era la donna più grossa che Pautasso e Pellegrino avessero mai visto. Non la più grassa, Pautasso ricordava una salumaia torinese che probabilmente pesava di più e anche alcune siciliane conosciute da Pellegrino in quanto a ciccia non scherzavano. Questa donna era gigantesca: quasi due metri di statura e dei muscoli spropositati che la pur abbondante adipe non riusciva a nascondere, doveva pesare almeno centosessanta chili. I due carabinieri ricordavano solo un’altra persona ancora più imponente: un capoclan kosovaro che teneva in riga la sua turbolenta tribù a suon di sberloni; il colosso doveva avere parecchi peccatucci di sangue sulla coscienza, ma era anche lo zio del bambino che i nostri eroi avevano salvato dal campo minato rischiando la pelle, si era quindi comportato con i soldati italiani della forza di pace con tutta la cortesia e la collaborazione che la gratitudine tribale imponeva.

Le misure della donna erano rese ancora più evidenti dal vestito che indossava: una specie di kimono blu elettrico decorato a peonie gialle, abbigliamento che del resto si addiceva perfettamente alla sua attività di lottatrice professionista di Sumo.

«Ma il Sumo non è uno sport solo maschile?» Chiese Pautasso che, avendo fatto un po’ di arti marziali da ragazzo, se ne intendeva abbastanza.

«Secondo la tradizione giapponese, sì,» rispose l’uomo che traduceva le parole della gigantessa e che si era qualificato come il suo impresario, «ma da quando questo sport ha cominciato a diffondersi nel resto del mondo, ne esiste anche una versione femminile con tornei e campionati. Ho portato la squadra a Palermo per far conoscere ai miei concittadini questa nobile e antichissima arte marziale e…».

«Scusi, cosa intende per squadra?» Intervenne Pellegrino.

«Temo di non essermi presentato adeguatamente,» riprese l’uomo, tirando fuori dal portafoglio un biglietto di visita coloratissimo, «mi chiamo Lombardo Gasparo e sono il presidente e amministratore della Sumo Stars, società di arti marziali professionali, che ho portato a Palermo per uno spettacolo dimostrativo, avrei dovuto essere più chiaro ma la brutale e vergognosa aggressione subita da Violet mi ha sconvolto…».

 

Pautasso e Pellegrino riuscirono a trattenere un sogghigno: alla faccia della brutale e vergognosa aggressione. Ecco come gli eventi erano stati narrati dagli spettatori, i quali si erano tanto divertiti da rinunciare alla tradizionale reticenza sicula ed avevano raccontato tutto con dovizia di particolari.

Due balordi su di una moto di grossa cilindrata – ovviamente poi risultata rubata – avevano cercato di scippare in mezzo alla folla quella turista dai capelli rossi, grossa come una montagna e vestita come un negozio di fioraio; la gigantessa aveva fatto resistenza e tenuto ben stretta la borsa, con il risultato che i due ladruncoli erano stati letteralmente sfilati via da sopra la moto. Moto che aveva proseguito la sua corsa da sola, andando a sfondare la vetrina di un negozio di casalinghi sull’altro lato della strada e facendo uno sfracello di piatti e bicchieri, fra le urla dell’avarissima proprietaria, donna antipaticissima ed esosa che stava notoriamente sulle corna al resto degli abitanti del rione.
Già questo sarebbe stato un bello spettacolo da raccontare ai bambini una volta tornati a casa, ma il massimo dello spasso era stato provocato dal fatto che i due scervellati avevano tirato fuori i coltelli e avevano non solo minacciato la cicciona per farsi consegnare la borsetta – grossa come una valigia – ma anche tentato di accoltellarla, procurandole un paio di netti tagli nel kimono. Un vero e proprio “o la borsa o la vita” che stava per costare molto caro ai due sconsiderati che solo l’arrivo dei fratelli Branca, richiamati dal fracasso, aveva salvato dal fare una brutta fine.
Pautasso e Pellegrino erano riusciti con una certa fatica a tirar via dalle tenere manine della mancata vittima quello che aveva guidato la motocicletta. La gigantessa lo aveva acchiappato per il bavero, sollevato come un bambolotto, sbattuto contro un muro e accuratamente e ripetutamente schiaffeggiato andata e ritorno: nonostante il casco – volato via alla prima sberla – mandibola fratturata in tre punti e commozione cerebrale, avevano decretato al pronto soccorso. E l’altro? L’altro stava sotto i piedi della lottatrice che aveva scelto quel modo per tenerlo fermo: cinque o sei costole rotte e svariate lesioni interne.
Se non fosse stato chiaro che si era trattato di legittima difesa, Miss O’Hara avrebbe avuto un sacco di grane con la legge, ma così…

 

«La squadra è composta da quattro atlete,» continuò il signor Lombardo, «Violet è irlandese, due sono tedesche e la quarta è olandese, abbiamo la sede ad Amsterdam e partecipiamo a competizioni e dimostrazioni in tutto il Nord Europa. Io sono di Palermo, anche se sono emigrato in Olanda quasi vent’anni fa, e ho voluto far vedere ai miei concittadini questo nobile sport…».

«Nella borsa della signorina, c’era qualcosa di valore? denaro, documenti…» Chiese Pautasso.

«I soldi per il viaggio e i biglietti aerei per il ritorno, non mi sono fidato a lasciarli nella pensione dove siamo scesi e li ho affidati a Violet perché li custodisse lei…».

«Era una grossa somma?».

«Ma no, poco più di un migliaio di euro e abbiamo prenotato il volo andata e ritorno con Ryan Air, non faccio fatica a confessarle che le finanze della società non sono molto floride, anche se in nord Europa c’è interesse per questa nobile arte marziale gli incassi bastano appena a coprire le spese… speravo di riuscire ad organizzare qualche bell’incontro dimostrativo qui a Palermo, avevo avuto delle promesse da uno dei palazzetti dello sport qui in città, ma adesso sembra che gli impianti non siano più disponibili e sono molto preoccupato…».

 

Ma figuratevi se gli impianti non erano più disponibili: il signor Lombardo Gasparo poté scegliere con chi fare affari. Con tutta la pubblicità che c’era stata, le esibizioni di sumo femminile riempirono di pubblico per tre serate un palazzetto molto più capiente e prestigioso di quello originariamente previsto e ci fu un supplemento di due serate a Catania. Le quattro gigantesse, arbitrate da Lombardo travestito da giapponese con tanto di tradizionale ventaglio, ed abbigliate secondo le usanze di quel nobile sport – vabbè, rispetto ai colleghi maschi le ragazze indossavano una maglietta supplementare, destinata a far finta di nascondere le immense rotondità superiori – ottennero un successo strepitoso ed il loro manager non dovette di certo lamentarsi degli incassi, quando pochi giorni dopo ripartirono per l’Olanda.

 

Pautasso era andato a prendere Maria che finiva il turno in ospedale, non era orario di visite ma tutti ad Urologia Maschile ormai lo conoscevano benissimo e lo salutavano calorosamente.

Lo salutò con voce fioca anche uno dei ricoverati: «Buona sera, Brigadiere».

Il bravo piemontese ci mise qualche secondo a riconoscere nella figura dal torace rigidamente fasciato uno degli arrestati di due settimane prima.

«Ma tu non dovresti essere ricoverato nel reparto giudiziario?».

«Non avevano più posto e mi hanno dato i domiciliari qui a urologia, tanto con le costole rotte, le flebo e il catetere di qui non posso scappare, la cicciona mi ha fatto quasi scoppiare la vescica quando ci ha messo sopra i piedi».

«Bisogna dire che tu e il tuo compare ve la siete proprio cercata, ce n’hai ancora per molto?».

«Le costole fanno ancora male ma guariranno presto, però i dottori dicono che ci vorranno molte settimane prima che possa tornare a pisciare normalmente e sino ad allora mi devo tenere questo accidente di catetere. C’è un’infermiera che ha una mano delicatissima quando me lo cambia… mi hanno detto che è la tua ragazza, Brigadiere».

«È la mia fidanzata e guarda che posso essere geloso come un siciliano anche se sono piemontese…».

«Lo dicevo con rispetto, gli altri infermieri sembra che me la vogliano staccare la minchia quando… Senti, piemontese, se ti dico una cosa che non posso dirti, tu mi prometti che dopo te ne dimentichi?».

Il brigadiere Secondo Pautasso, nativo di Moncalieri,  si sentì professionalmente arrivato: quel tipo di confidenze di solito le facevano al suo amico Pellegrino per una sorta di sicula complicità, a lui non era ancora capitato da quando lo avevano trasferito a Palermo.

«Se non è cosa troppo grossa…».

«Ci ho pensato sopra per due settimane e ho capito che ci hanno fatti fessi, a me e a Vicenzo. Ci hanno dato cento euri a testa per scippare la borsetta a una cicciona vestita a fiori, doveva essere un lavoretto da niente e invece…».

«E naturalmente non puoi dirmi chi ti ha dato l’incarico».

«Ecche sono fesso per davvero? Diciamo che era uno che doveva fare un favore ad un amico che non vedeva da vent’anni, nella borsetta c’erano dei documenti che servivano all’amico, dovevamo portargliela a tutti i costi, mica ci avevano detto che dovevamo rapinare un elefante…».

 

La serata con Maria riuscì benissimo.

Il giorno dopo, durante il servizio di pattuglia, Pautasso si confidò con Pellegrino, la promessa di dimenticarsi della cosa naturalmente con lui non valeva.

L’appuntato rimase pensieroso.

«Secondo te, la cicciona lo sapeva che si trattava di una finta?».

«Una finta mica tanto, quei due hanno tirato fuori i coltelli pensando di spaventarla e a momenti si facevano ammazzare… e comunque l’hanno spaventata per davvero, ti ricordi come piangeva quando l’abbiamo interrogata al comando, se stava fingendo allora ha sbagliato mestiere, doveva fare l’attrice, roba che nemmeno Greta Garbo…».

Pellegrino ridivenne pensieroso.

«E adesso cosa facciamo?».

«Cosa vuoi che facciamo, niente facciamo. Quei due non apriranno bocca, faranno finta di niente per non mettersi in guai più grossi e patteggeranno al processo per un semplice tentativo di scippo, tanto la lottatrice e il suo manager non verranno di certo a testimoniare perché sono in Olanda e poi con il patteggiamento basta la deposizione che hanno firmato…».

«Allora ci hanno fatto fessi pure noi».

«Non è detto…».

«A cosa stai pensando?».

«Pensavo che non vorrei essere nei panni del signor Lombardo Gasparo, se la signorina Violet O’Hara ricevesse una bella lettera anonima da Palermo che la informa sul perché e percome della sua aggressione, il suo indirizzo in Olanda lo abbiamo e quattro righe in inglese riesco a scriverle anch’io…».

«Dici che in Olanda sono bravi a metterlo il catetere…».

«Useranno dei gambi di tulipano, immagino…».

Indice delle puntate precedenti

 

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