Harold rimase paralizzato a guardarli.
Non sapeva se gli piaceva di più la ragazza o il cavallo, forse sarebbe più giusto dire che non sapeva se gli faceva più rabbia la ragazza o il cavallo.
Niente da ridire: erano entrambi meravigliosi, ma una visione così ti sconvolgeva il sangue, ti lasciava stordito, ti, ti mangiava il cuore, ecco.
Lei: quindici anni al massimo, così bella che nemmeno la Madonna della Cattedrale; ma che Madonna, se la Madonna fosse stata così San Giuseppe non si sarebbe accontentato di fare il padre putativo.
Ecco, lo sapeva, domenica avrebbe dovuto confessare la bestemmia: come minimo trenta pateravegloria, da dirli giusti in latinorum, tutti di seguito senza fare errori, ché se no non valeva e si doveva ricominciare.
Il cavallo: uno stallone normanno grigio ferro, gigantesco, come minimo sei piedi al garrese, forse sei piedi e due pollici, e almeno duemila libbre di peso. La sella da amazzone, una sciccheria fru-frù venuta dalla Francia, spariva su quella groppa fatta per portare al galoppo quattrocento libbre di sella da guerra e cavaliere in armatura.
E come ci stava bene su quella sella, la ragazza. Era sicuramente la nuova favorita di Sua Grazia Serenissima Monsignor Duca ‑ che Nostro Signore Gesù Cristo ce lo conservi a lungo – lo si capiva dallo stemma sulla gualdrappa del cavallo. E come sorrideva.
Gli erano sempre piaciute le ragazze giovani al vecchio, e gli piaceva farle vedere in giro, anche.
A trentacinque anni Sua Grazia era vedovo tre volte e dopo l’ultima moglie aveva avuto una mezza dozzina di donne: una più bella dell’altra. Ma forse trovata questa si fermava. Se non si accontentava, voleva proprio dire che nell’ultimo torneo lo avevano picchiato in testa troppo forte.
E il portamento del cavallo poi. Nato per la guerra sembrava la chinea bianca di una damigella, doveva essere docile come il pony di un principino.
Glielo avevano detto che Monsignore ne stava facendo addestrare un paio in quel modo per farli cavalcare alle sue amanti, ma non ci aveva voluto credere. Con la mostruosità che costavano ognuno: più di un anno di rendita di uno squire.
Certo che lui poteva permetterseli: non pagava tasse al Re di Francia perché era suddito inglese e non le pagava al Re d’Inghilterra perché le sue terre stavano quasi tutte in Francia; avrebbero dovuto fargli guerra prima di mandare il balivo a riscuotere.
Però una ragazza così, insieme a quel vecchio… Faceva venire una rabbia… una voglia di essere un prode cavaliere, come quello là, Lancelot: ricco, bello, forte e amato dalle donne, mai vinto in battaglia.
L’urlo dell’oste lo riscosse, chiuse la bocca che era rimasta spalancata e corse a tenere le redini al cavallo, mentre il suo padrone portava la scaletta per far smontare la sua nobilissima e inattesa cliente. La guardò allontanarsi mentre il mastro di stalla portava al coperto il cavallo normanno.
Poi tornò a spalare il letame.
Il mondo è fatto così, chi cavalca il SUV e chi spala il letame, basta indovinare la parte in cui nascere.
E cercare di non pagare le tasse né al re d’Inghilterra né al re di Francia